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mercoledì 11 marzo 2009
Lavoratori che rivogliono il loro lavoro e cercano compagni di Resistenza. Andate a trovarli: INNSE, via Rubattino 81, Milano
Ricevo e volentieri pubblico:
Via Rubattino, periferia est di Milano, è un’arteria di collegamento che
unisce Lambrate con Segrate, una strada larghissima con tre corsie per senso di marcia.
A prima vista, considerando lo scarso traffico che l’attraversa, viene
da chiedersi il perché di tutto quell’asfalto.
La risposta è lì di fianco,sulla sinistra venendo da Milano.
Il viale è costeggiato in tutta la sua lunghezza dall’ex area Innocenti, uno spazio enorme che fino a qualche anno fa vedeva attivi migliaia di operai, quelli che producevano, anche ma non solo, la Mini e la Lambretta.
Una grande fabbrica, un viavai febbrile di tute blu e un flusso continuo di materia, l’ingresso di camion pieni di semilavorati e l’uscita di bisarche cariche di automobili.
La strada di accesso doveva necessariamente essere ampia.
Attualmente l’Innocenti è un complesso quasi totalmente dismesso, e ad avere un motivo per fermarsi in via Rubattino sono rimasti veramente in pochi.
Tra questi i cinquanta lavoratori della INNSE Presse, storica fabbrica meccanica che produce macchinari e parti per l’industria pesante, ultimo insediamento produttivo rimasto in loco.
Sono operai, e non operai qualsiasi, bensì maestranze specializzate in grado di
realizzare manufatti enormi con precisioni al centesimo (per farvi un’idea più
efficace e precisa di cosa sono capaci e sulla vicenda in generale www.myspace.com/presidioinnse), operai che hanno un’identità forte e una lunga storia alle spalle, fatta di lavoro, di lotte, di sapere, di esperienze, di dignità e di grandissima umanità.
Una storia che potrebbe interrompersi, una ricchezza che rischia di trasformarsi da patrimonio comune in moneta sonante nelle tasche di pochi:
Genta, il padrone della INNSE, che vuole chiudere anche se la fabbrica è in salute, ci sono commesse e acquirenti intenzionati a rilevarla, e Aedes,proprietaria del terreno, che aspetta solo di azzerare l’ultimo lotto vivo per avviare sull’area, in una Milano fortemente carente di verde, l’ennesima deleteria speculazione edilizia.
E’ l’antico e mai scomparso conflitto tra capitale e lavoro che, più o meno sopito in tempi di vacche grasse, riemerge prepotente nei periodi di crisi.
Nello specifico della INNSE assume una caratteristica particolare, che ha il sapore di una beffa amarissima:
la scelta da parte della proprietà di privilegiare la speculazione pura a fronte di una produzione comunque remunerativa, sarebbe a dire da una parte profitti
aggiuntivi, dall’altra la perdita di cinquanta posti di lavoro.
Più che sul lavoro, siamo in una repubblica fondata sulla proprietà privata, ma i
lavoratori INNSE non ci stanno:
dapprima in autogestione per tre mesi, dal settembre scorso sono in presidio permanente 24 ore su 24 davanti ai cancelli della fabbrica.
Resistono nonostante le difficoltà e le manganellate delle forze dell’ordine. Resistenza nei fatti, per la quale cercano compagni di viaggio. Gli operai vogliono tornare all’opera. I lavoratori rivogliono il loro lavoro. Immaginateli uno per uno. Andate a trovarli. INNSE, via Rubattino 81,
Milano.
Fulcro Valtellini
caffetano@libero.it
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mercoledì 11 febbraio 2009
La settimana scorsa è successo a Pomigliano, ieri alla INNSE di Milano: gli operai chiedono il pane gli vengono date manganellate

La settimana scorsa è successo a Pomigliano, ieri alla Innse di Milano, dove gli operai lottano da oltre 9 mesi per salvaguardare il loro lavoro.
Nel disinteresse di Comune, Regione e Governo.
Se agli operai che chiedono il pane vengono date manganellate, alla crisi della fabbrica si aggiunge quella della democrazia
Ieri, 10 febbraio, intorno alle 5.40 i carabinieri in tenuta antisommossa si sono presentati ai cancelli della Innse, alla testa del gruppo Silvano Genta, il proprietario dell'azienda milanese che un anno fa ha chiuso la propria produzione licenziando 50 operai, in coda la polizia.
Da oltre 9 mesi gli operai della fabbrica metalmeccanica resistono allo sgombero dei macchinari per salvaguardare un posto di lavoro reale, la continuità produttiva, il rifiuto della chiusura della fabbrica che ha un indotto e che, in questa crisi economica italiana e mondiale, vale più dell'oro.
Chiedono di lavorare, ottengono cariche e manganellate.
L'azienda è sanissima, come tutti sanno benissimo perché gli operai lo hanno spiegato e dimostrato durante la loro lunga lotta esemplare.
Si era fatto avanti anche un compratore, (l'imprenditore Ormi, da Brescia, con un pacchetto di commesse per i prossimi due o tre anni, ndr) ma si vuole chiudere l'attività per finalità puramente speculative.
Questa della Innse, infatti, è una storia di speculazione, di crisi economica e di una mutata strategia politica.
La Innse non ha i conti in rosso, non è stretta dai creditori.
È solo che il suo padrone, Genta appunto, ha deciso semplicemente di smantellare la produzione. Eppure la fabbrichetta lui l'ha pagata solo 750 mila euro, quanto un appartamento in centro città. L'ha comprata nel 2006 a prezzi stracciati, grazie alla procedura di amministrazione straordinaria, ma anche con l'impegno di rilanciare l'azienda.
Da mesi non paga l'affitto dei terreni, di proprietà di un'altra società sull'orlo del fallimento.
L'affare economico è allettante: c'è l'Expo che incalza. Ed è pronta una speculazione immobiliare.
A giugno dello scorso anno Genta decide di licenziare gli operai con un telegramma. Le porte della fabbrica vengono chiuse con i lucchetti si avvia la cassa integrazione. Che dura fino a settembre. I lavoratori hanno sempre continuato a lavorare in autogestione fino a quando hanno messo sotto sequestro l'area ad ottobre, momento in cui hanno iniziato il presidio.
Senza stipendio i 50 operai hanno chiesto alle istituzioni locali la cessione dell'azienda. Gli imprenditori c'erano, non la volontà.
Così, alle prime luci dell'alba, una ruspa seguita da un ingente schieramento di carabinieri ha rimosso una barricata costruita nella notte dagli operai con pezzi di risulta dei cantieri per ostruire uno degli ingressi posteriori dell'area in fondo a via Caduti di Marcinelle e quando i manifestanti sono accorsi, sono stati bloccati dai cordoni delle forze delle ordine. I diversi tentativi, fino alle 6.15, di sfondare il blocco da parte dei dimostranti, che hanno lanciato dei bulloni e dei petardi, sono stati respinti dagli agenti che sono ricorsi ai manganelli. Diversi gli operai contusi, tra cui il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer che ha riportato un taglio sulla fronte e un operaio con il naso rotto. Due carabinieri si sono fatti visitare sul posto dai sanitari di un'autoambulanza.
Verso le 7.40 si è registrato l'ultimo momento di tensione con l'ennesimo fronteggiamento e qualche spintone, conclusosi quando i funzionari della polizia, dopo una lunga trattativa, hanno permesso l'ingresso nei capannoni di un lavoratore delle Rsu della Innse e di un funzionario della Fiom, che hanno potuto assistere alle prime operazioni di sgombero.
Intorno alle 9 il grosso dei manifestanti ha lasciato alla spicciolata il presidio degli operai Innse, che prosegue in maniera pacifica non essendo stato sciolto dalle forze dell'ordine.
Al presidio di fronte ai cancelli tenuto da mesi dagli operai dell'azienda, si erano aggiunti dalle 5 di questa mattina diversi delegati di altre realtà lavorative milanesi e della Fiom, studenti dell'Onda, militanti dei centri sociali, e diversi esponenti politici lombardi del Pdci, di Sinistra critica e del Prc, tra cui l'europarlmaentare Vittorio Agnoletto e gli assessori provinciali Sandro Barzaghi e Bruno Casati
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