Ho guardato agli indignados con distacco, lo confesso. Sin dal primo momento quel vento che soffia anche in Europa non mi è sembrato particolarmente salutare.
Il soffiare in tutte le direzioni, indiscriminatamente, espone tutti al rischio gravissimo di una deriva “qualunquista”. Questi nuovi “ribelli” non rompono schemi, non si muovono fuori dal potere, bensì ne esaltano la teoria suprema dell’uomo qualunque.
Sono quindi parte integrante e forza trainante per derive pericolose. Il populismo berlusconiano ha distrutto un paese, una intera generazione. Non vi è cultura, senso civico, solidarietà. Tutti contro tutti. In Spagna, dove il fenomeno indignados ha inciso sulla pesante sconfitta socialista, di fatto si è equiparato una politica che ha modernizzato il paese in senso laico, lo ha reso un paese più libero e tollerante, ad una repressiva e retrograda.
E’ vero, la crisi economica ha messo in ginocchio la Spagna e motivi di indignazione ce ne sono. Ma restando indifferenti, o equidistanti per meglio specificare, rispetto alle politiche delle forze in campo, di fatto si rinuncia a costruire il proprio futuro. Lo si delega ad altri. Giusto indignarsi, giustissimo.
Ma farlo e basta non serve che a spianare la strada alle destre conservatrici e becere. Ancora non si è spenta la discussione sul ’68, ma, credo siano concordi tutti, quel movimento ruppe gli schemi e portò istanze. Fece la sua scelta di parte, che non coincideva con le forze politiche, ma fece la sua scelta. E ne segui una ondata di cambiamenti, alcuni non ancora compiuti totalmente, ma il modo di pensare cambiò.
Dico a questi ragazzi di credere nei loro sogni, di battersi perché si realizzino assieme ad un futuro migliore. Sono convinto che i movimenti che cavalcano o cavalcheranno questa posizione perderanno l’occasione per ripensare questo mondo e renderlo più civile.
Abbiamo un grande futuro dietro le nostre spalle.