giovedì 31 marzo 2011

D'Alema una volta nella vita dà un cazzotto, un cazzotto di sinistra, un cazzotto di civiltà!



Potrei iniziare questo post con la facile battuta che ormai sono le donne (poche ma buone, invero..) ad avere le @@, ma la scenetta di ieri a Montecitorio tra Baffino D'Alema e Rosi Bindi mi ha davvero lasciato l'amaro in bocca.
Riepilogando l'avvenuto:
Diverbio nell'aula della Camera tra il presidente del Pd, Rosy Bindi, e Massimo D'Alema. Bindi voleva il ritiro della delegazione del Pd per protestare contro l'inversione dell'ordine del giorno dei lavori a Montecitorio, che ha messo al primo posto la discussione sulla prescrizione breve, che se approvata in pratica metterebbe fine al processo Mills che vede imputato Silvio Berlusconi. D'Alema era contrario e, ironizzando, avrebbe detto: «Che vuoi? Che gli vado a menare? Mi levo gli occhiali e vado». L'ironia però non sarebbe stata apprezzata dal vice presidente della Camera che, racconta chi ha assistito alla scena, si sarebbe arrabbiata.
Fonte: Corriere della Sera

Mia riflessione: ebbene SI'!
Una volta nella sua vita avrei davvero voluto vedere Massimo D'Alema togliersi gli occhiali ed andare a menare (ma menare proprio materialmente e concretamente) qualcuno del Governo Berlusconi.
Forse se l'avesse fatto al tempo della Bicamerale o al tempo del confronto in TV con Berlusconi di memoria Morettiana oggi non saremmo qui.
In questa Italia berlusconiana, bossiana, trotiana (inteso come Trota aka Bossi jr.) gelminiana (inteso sia come don Gelmini che come l'analfabeta a capo della Pubblica Istruzione) carfagnana (inteso sia come smutandata che Ministra per le P.O. ahaha), fediana e morana (inteso come i famosi "lenoni", per chi non conosce il significato di questa parola c'è Wikipedia, avrei potuto dire "magnaccia" ma fa troppo subcultura berlusconiana).
Mao Zedong (un rivoluzionario di cui forse, e ripeto forse, D'Alema ha vaga memoria) scriveva:
La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra.
Ma che D'Alema non fosse Mao Zedong l'avevamo capito da tempo.
L'importante, per lui, è non nuocere.

domenica 20 marzo 2011

tra ipocrisia e necessità

C'è un equivoco di fondo generatosi nel dibattito tra coloro che concordano sull'intervento armato e coloro che non condividono.

E nasce sulla semplificazione che chi sostiene l'intervento non comprende le mire imperialistiche dell'occidente. Che non riconosce l'inutilità dell'onu, in quanto incapace di far rispettare tutte le risoluzioni, vedi la palestina Che non percepisce l'ipocrisia di figli e fgliastri e la cecità su altri eccedi perpetrati nel silenzio.

Non è così. Chi sostiene necessario seppur dolorosissimo questo intervento lo fa sapendo quanto sopra. La questione libica è complessa, complicata e ha radici antiche. Oltre agli interessi economici, che muovono sempre e comunque tutte le guerre, anche quelle "umanitarie", interessi geoepolitici vi è la necessità dell'occidente di lavare la coscienza per gli affari intrattenuti con il rais.

Ma è anche una manifestazione di popolo contro il tradimento di Gheddafi che una volta al potere ha eliminato fisicamente migliaia di oppositori. E' la lotta contro la tirannia. Gli interessi in gioco sono chiari, ma se sono così lampanti qualcuno crede che le grandi potenze, o l'impero, se ne sarebbe stato a guardare?

So, da testimonianze dirette, che la sollevazione è stata spontanea, non posso negare che a fomentare e sostenere, anche militarmente, la rivolta ci siano le grandi potenze. Un altra cosa però mi preoccupa, e non vi trovo accenni nel dibattito troppo concentrato su onu, usa e guerrafondai europei, ed è la politica israeliana.

Non credo che israele se ne stia buono ed in disparte. Temo che questa manovra possa distogliere tutti dal lavoro sotterraneo dell'intelligence israeliana, che nel silenzio continua la sua opera di distruzione di Gaza. Altro fronte, questo palestinese, che presenta focolai e repressioni con divisioni interne e con Hamas sempre più delegittimato dalla popolazione, quegli stessi giovani che hanno nel resto del mondo arabo avuto il coraggio di lottare per la libertà.

Dobbiamo poi considerare che in ogni caso la geopolitica dell'area è comunque mutata e che il rais, isolato internamente e internazionalmente, non avrebbe vita lunga. La guerra è solo un anticipare i tempi, con la speranza degli interventisti, con minor spargimento di sangue possibile.


Credo nel sogno dei ragazzi arabi, non vanno lasciati soli ne ora ne dopo permettendogli di costruire il loro sogno.

martedì 15 marzo 2011

Conferenza stampa "Verso Genova 2011"




mercoledì 16 marzo 2011 alle ore 11
 presso la “bouvettina” di Palazzo Tursi, via Garibaldi 9
presentazione ai media
“Genova 2001 Genova 2011   –  Loro la Crisi Noi la Speranza”


Genova ospiterà, tra giugno e luglio, 30 giorni di iniziative pubbliche per rilanciare e attualizzare la riflessione intorno ad “un diverso modello di società”,  alla luce degli avvenimenti di questi ultimi 10 anni nel mondo, con lo sguardo rivolto al futuro.

Il Coordinamento Genovese per l’organizzazione del decennale del G8 illustrerà il progetto mercoledì 16 marzo 2011  ore 11,  presso la “bouvettina” di Palazzo Tursi, insieme a soggetti locali e nazionali aderenti all’iniziativa “Verso Genova 2011” e ai rappresentanti istituzionali che hanno dato disponibilità a collaborare.

Dieci anni fa, uno dei più grandi movimenti sociali degli ultimi tempi aveva scelto la Genova del G8, per dimostrare l'inconsistenza e l'illegittimità di quelle ricette economiche, prevedendo con largo anticipo i disastri globali che quel tipo di globalizzazione avrebbe portato: una crisi sociale, con oltre un miliardo di persone che muoiono di fame; una crisi economica, causata da un sistema finanziario sganciato dalla vita reale; una crisi climatica, con un pianeta che sta drammaticamente cambiando. Questo ha portato a tensioni, violenze, oppressione: le insurrezioni popolari del Maghreb di questi giorni che ce lo ricordano, rappresentano, altresì, il riscatto, la speranza e la dignità di quelle popolazioni.

Quel movimento pacifico fece paura e fu stroncato a Genova con una repressione senza precedenti:
migliaia di persone pestate, 93 cittadini aggrediti nel sonno alla scuola Diaz, nella caserma di Bolzaneto molti furono torturati, Carlo Giuliani fu ucciso in Piazza Alimonda (e neppure un processo per tentare di fare chiarezza e rendere giustizia a questa morte) e i responsabili di tali violenze pur essendo stati condannati sono ancora al loro posto e molti sono stati promossi.

A Genova in quei giorni, come ci ricorda Amnesty International,  fu sospesa la Costituzione.

Tornare a Genova per tutti noi, cittadine e cittadini di tutto il mondo, nasce dalla necessità di attualizzare, alla luce di questi 10 anni, quelle che furono le nostre ragioni.
Torniamo a Genova per continuare a lavorare per un nuovo mondo possibile, centrato sui diritti e non sui profitti; per richiedere verità e giustizia per quei giorni, per riaffermare attraverso workshop, seminari, eventi quelli che sono i nostri valori e i contenuti delle nostre proposte, perché la storia ha confermato e superato nella negatività, purtroppo,  le previsioni che facemmo allora.
Perché:
LORO LA CRISI. NOI LA SPERANZA 

www.genova2011.org                                                                                                   info@genova2011.org 

sabato 5 marzo 2011

Socci e le sue paranoie


La presenza del vaticano nella vita politica del nostro paese è sempre più assillante. Come una cappa che copre e asfissia. Ci si sente sempre più schiacciati ed oppressi. La presenza di talebani cattolici, braccio armato del clero, interviene con invadenza nelle scelte di coscienza.


Socci usa “libero” e sfrutta il suo dramma personale per imporre la sua scelta sul testamento biologico. Per assurdo non si dovrebbe nemmeno discutere sulla opportunità del testamento biologico, per una mera questione di civiltà e libertà. Lasciare all’individuo la possibilità di esercitare il diritto di non sottoporsi ad accanimento terapeutico, quindi decidere della sua vita, non lede la libertà di chi optasse per il mantenimento in vita ad oltranza. Allora perché tutto questo accanimento contro un provvedimento di libertà?

Le ragioni sono profonde, giustificate, in parte, con la presenza del vaticano nel paese. L’Italia è uno stato laico solo sulla carta. Gli interessi economici e le ingerenze della chiesa nella vita quotidiana, nonché l’ipocrisia dei politici di richiamare continuamente le origini cattoliche e il potere mediatico dei talebani cattolici sono artefici del vulnus.

Dalla nascita, e per sempre così sarà, la chiesa cattolica è conservatrice. Lo è per definizione in quanto la religione, essendo un dogma definito, non può cambiare. Questa sua incapacità o impossibilità a recepire cambiamenti la arrocca su posizioni oltranziste. Ogni apertura è sentita come perdita di potere, una sorta di sindrome da autodistruzione.


Ma veniamo al Socci. Egli rappresenta l’integralismo talebano cattolico e ne incarna le paure più recondite. Socci dice che la scelta debba essere imposta dal legislatore , e che essa deve sempre e comunque garantire il proseguo della vita , anche in stato vegetale.

In sostanza afferma: poiché io, timorato da dio, ho paura di scegliere, la scelta sia imposta dal legislatore , così da liberarmi la coscienza dalla paura. Questo ragionamento, meramente egoistico, porta in se due germi, entrambi estremamente pericolosi. La negazione della libertà individuale che è fascismo e l’impossibilità dell’uomo, in quanto essere pensante, di liberarsi da dogmi, il che limita lo sviluppo del pensiero scientifico. Come afferma il papa con l’identificazione del relativismo come male assoluto.

La libertà non si deve mai temere. Se Socci e amici hanno paura di rimettere in discussione i dogmi e le loro certezze è un problema loro, che non possono e non devono ribaltare sulle coscienze degli italiani.


Chi non ha paura di scegliere ha il dovere di pretendere di esercitare un diritto che lo stato, e non dio, ha il dovere di garantire.

venerdì 4 marzo 2011

Roma, stuprata dai carabinieri in caserma.Buon 8 marzo Italia!


Siamo alle porte dell’8 marzo e, come sempre, si darà fiato alla “celebrazione” della donna.
E’ notizia di oggi di una donna che ha denunciato di essere stata stuprata durante la detenzione provvisoria in una caserma dei Carabinieri alla periferia Est di Roma.

Una madre di 32 anni, detenuta in una camera di sicurezza della caserma dopo un arresto in flagranza per furto, ha rapporti sessuali completi e ripetuti con almeno uno dei tre carabinieri che l'hanno in custodia e con un agente della polizia municipale che è in quegli uffici. Gli indagati afferrano quanto scivoloso sia per loro il terreno e scelgono una strada antica. Se non c'è violenza fisica - argomentano - è la prova che non c'è stata violenza sessuale. S. ha fatto sesso perché è quello che voleva. E poi, S. è una "sbandata". È un toppa peggiore del buco. Che, se possibile, rende ancora più determinato il procuratore, Maria Monteleone. Nella difesa dei carabinieri e del vigile urbano c'è infatti qualcosa che rende ancora più odioso quel che è accaduto. I quattro non capiscono - o fingono di non capire - che la violenza è nel presupposto della condizione in cui S. è precipitata la notte in cui i suoi carcerieri hanno goduto del suo corpo. Che diventa oltraggioso persino parlare di una "seratina" di alcool e sesso con una detenuta. Che non esiste consenso in un rapporto tra un uomo libero e una donna dietro le sbarre. Ma tant'è. La difesa, ad oggi, resta questa. Nell'imbarazzo profondo, nella vergogna, che ora diventano dell'Arma intera e del suo Comando generale.
Fonte: Repubblica

1 milione di donne ed uomini hanno manifestato in piazze di tutta Italia, qualche settimana fa, per riaffermare e difendere la dignità femminile.
Io credo che non si può chiedere ad un paese di essere diverso da quello che realmente ed intimamente è.
Io credo che in questo paese in cui pochissimi si scandalizzano della “idea” che il Premier ha delle donne, se dei tutori dell’ordine trovano credibile difendersi affermando che la detenuta era consenziente, non riuscendo nemmeno lontanamente ad afferrare lo squallore e la demenza di questa affermazione, che dimostra solo la non comprensione del principio elementare dell’eguaglianza di potere alla base di ogni relazione e rapporto sano, significa solo che tutto è perduto.
E’ perduto il senso etico, il senso morale ed il senso di dignità e rispetto.
Non solo verso le donne.
Buon 8 marzo Italia.

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