Potrei iniziare questo post con la facile battuta che ormai sono le donne (poche ma buone, invero..) ad avere le @@, ma la scenetta di ieri a Montecitorio tra Baffino D'Alema e Rosi Bindi mi ha davvero lasciato l'amaro in bocca.
Riepilogando l'avvenuto:
Diverbio nell'aula della Camera tra il presidente del Pd, Rosy Bindi, e Massimo D'Alema. Bindi voleva il ritiro della delegazione del Pd per protestare contro l'inversione dell'ordine del giorno dei lavori a Montecitorio, che ha messo al primo posto la discussione sulla prescrizione breve, che se approvata in pratica metterebbe fine al processo Mills che vede imputato Silvio Berlusconi. D'Alema era contrario e, ironizzando, avrebbe detto: «Che vuoi? Che gli vado a menare? Mi levo gli occhiali e vado». L'ironia però non sarebbe stata apprezzata dal vice presidente della Camera che, racconta chi ha assistito alla scena, si sarebbe arrabbiata.Fonte: Corriere della Sera
Mia riflessione: ebbene SI'!
Una volta nella sua vita avrei davvero voluto vedere Massimo D'Alema togliersi gli occhiali ed andare a menare (ma menare proprio materialmente e concretamente) qualcuno del Governo Berlusconi.
Forse se l'avesse fatto al tempo della Bicamerale o al tempo del confronto in TV con Berlusconi di memoria Morettiana oggi non saremmo qui.
In questa Italia berlusconiana, bossiana, trotiana (inteso come Trota aka Bossi jr.) gelminiana (inteso sia come don Gelmini che come l'analfabeta a capo della Pubblica Istruzione) carfagnana (inteso sia come smutandata che Ministra per le P.O. ahaha), fediana e morana (inteso come i famosi "lenoni", per chi non conosce il significato di questa parola c'è Wikipedia, avrei potuto dire "magnaccia" ma fa troppo subcultura berlusconiana).
Mao Zedong (un rivoluzionario di cui forse, e ripeto forse, D'Alema ha vaga memoria) scriveva:
La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra.Ma che D'Alema non fosse Mao Zedong l'avevamo capito da tempo.
L'importante, per lui, è non nuocere.