mercoledì 11 febbraio 2009
La settimana scorsa è successo a Pomigliano, ieri alla INNSE di Milano: gli operai chiedono il pane gli vengono date manganellate
La settimana scorsa è successo a Pomigliano, ieri alla Innse di Milano, dove gli operai lottano da oltre 9 mesi per salvaguardare il loro lavoro.
Nel disinteresse di Comune, Regione e Governo.
Se agli operai che chiedono il pane vengono date manganellate, alla crisi della fabbrica si aggiunge quella della democrazia
Ieri, 10 febbraio, intorno alle 5.40 i carabinieri in tenuta antisommossa si sono presentati ai cancelli della Innse, alla testa del gruppo Silvano Genta, il proprietario dell'azienda milanese che un anno fa ha chiuso la propria produzione licenziando 50 operai, in coda la polizia.
Da oltre 9 mesi gli operai della fabbrica metalmeccanica resistono allo sgombero dei macchinari per salvaguardare un posto di lavoro reale, la continuità produttiva, il rifiuto della chiusura della fabbrica che ha un indotto e che, in questa crisi economica italiana e mondiale, vale più dell'oro.
Chiedono di lavorare, ottengono cariche e manganellate.
L'azienda è sanissima, come tutti sanno benissimo perché gli operai lo hanno spiegato e dimostrato durante la loro lunga lotta esemplare.
Si era fatto avanti anche un compratore, (l'imprenditore Ormi, da Brescia, con un pacchetto di commesse per i prossimi due o tre anni, ndr) ma si vuole chiudere l'attività per finalità puramente speculative.
Questa della Innse, infatti, è una storia di speculazione, di crisi economica e di una mutata strategia politica.
La Innse non ha i conti in rosso, non è stretta dai creditori.
È solo che il suo padrone, Genta appunto, ha deciso semplicemente di smantellare la produzione. Eppure la fabbrichetta lui l'ha pagata solo 750 mila euro, quanto un appartamento in centro città. L'ha comprata nel 2006 a prezzi stracciati, grazie alla procedura di amministrazione straordinaria, ma anche con l'impegno di rilanciare l'azienda.
Da mesi non paga l'affitto dei terreni, di proprietà di un'altra società sull'orlo del fallimento.
L'affare economico è allettante: c'è l'Expo che incalza. Ed è pronta una speculazione immobiliare.
A giugno dello scorso anno Genta decide di licenziare gli operai con un telegramma. Le porte della fabbrica vengono chiuse con i lucchetti si avvia la cassa integrazione. Che dura fino a settembre. I lavoratori hanno sempre continuato a lavorare in autogestione fino a quando hanno messo sotto sequestro l'area ad ottobre, momento in cui hanno iniziato il presidio.
Senza stipendio i 50 operai hanno chiesto alle istituzioni locali la cessione dell'azienda. Gli imprenditori c'erano, non la volontà.
Così, alle prime luci dell'alba, una ruspa seguita da un ingente schieramento di carabinieri ha rimosso una barricata costruita nella notte dagli operai con pezzi di risulta dei cantieri per ostruire uno degli ingressi posteriori dell'area in fondo a via Caduti di Marcinelle e quando i manifestanti sono accorsi, sono stati bloccati dai cordoni delle forze delle ordine. I diversi tentativi, fino alle 6.15, di sfondare il blocco da parte dei dimostranti, che hanno lanciato dei bulloni e dei petardi, sono stati respinti dagli agenti che sono ricorsi ai manganelli. Diversi gli operai contusi, tra cui il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer che ha riportato un taglio sulla fronte e un operaio con il naso rotto. Due carabinieri si sono fatti visitare sul posto dai sanitari di un'autoambulanza.
Verso le 7.40 si è registrato l'ultimo momento di tensione con l'ennesimo fronteggiamento e qualche spintone, conclusosi quando i funzionari della polizia, dopo una lunga trattativa, hanno permesso l'ingresso nei capannoni di un lavoratore delle Rsu della Innse e di un funzionario della Fiom, che hanno potuto assistere alle prime operazioni di sgombero.
Intorno alle 9 il grosso dei manifestanti ha lasciato alla spicciolata il presidio degli operai Innse, che prosegue in maniera pacifica non essendo stato sciolto dalle forze dell'ordine.
Al presidio di fronte ai cancelli tenuto da mesi dagli operai dell'azienda, si erano aggiunti dalle 5 di questa mattina diversi delegati di altre realtà lavorative milanesi e della Fiom, studenti dell'Onda, militanti dei centri sociali, e diversi esponenti politici lombardi del Pdci, di Sinistra critica e del Prc, tra cui l'europarlmaentare Vittorio Agnoletto e gli assessori provinciali Sandro Barzaghi e Bruno Casati
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7 commenti:
Sì, siamo alla resa dei conti. O la classe operaia o loro. E se finisce questa speranza, possiamo dire addio alla Libertà.
Sono certa che un governo così sensibile alle esigenze dei più deboli mostrerà compassione mentre manganellerà gli operai.
D'altronde, c'è da giurare che anche Avvenire spenderà qualche preziosa parola per confortare gli operai dopo che saranno stati debitamente randellati.
Con stima ed affetto, ciao Audrey.
M.
è una vecchia storia che si ripete, ricordo, da piccolo, i drappelli di quei fannulloni lazzaroni di operai che festeggiavano il natale al gelo fuori dalle fabbriche con i bidoni pieni di carta che bruciava per scaldarsi. Le ho ancora impresse quelle immagini. Gente che difendeva il lavoro, come prima la democrazia e la libertà. E' sempre così sono gli operai a lottare e i ricchi ad arricchirsi.
Sono tornati i fascisti, fortuna, che per ora, non sono riusciti, nonostante l'impegno di veltroni, ad accapparrarsi il potere.
Rieccheggiano nell'aria vecchie canzoni e la consapevolezza che gli operai senza lavoro non li ferma nessuno.
Prim
Sono contento di vedere un commento di Macfeller che stimo particolarmente
Purtroppo non ho la certezza che la classe operaia sia come quella di trent'anni fa.
I tempi che viviamo avvelenano le coscienze, sfaldano il senso della comunità, addirittura offuscano la cognizione dei propri interessi.
Quando una persona che lavora dalla mattina alla sera spaccandosi la schiena per qualche centinaio di euro si sente minacciato da un altro poveraccio come lui (anche se di un'alra nazionalità) invece che da una classe dirigente iniqua;
quando la stessa persona si sente rappresentato da un plurimiliardario e lo affianca nelle sue battaglie contro il sistema giudiziario; bene, in questi casi, non c'è molto da sperare nel futuro.
Se non, forse, nel rapido diffondersi di internet come mezzo di informazione, e nella progressiva svalutazione, a questo scopo, del mezzo televisivo, più utile, a mio giudizio, per il puro intrattenimento.
Voglio esprimere un particolare ringraziamento per Primlug, la cui stima per me è, chiaramente, ricambiata.
@Macfeller
hai ragione c'è un imbarbarimento dei sentimenti e l'identificazione del nemico nel diverso, che in realtà è un povero cristo come te.
E' quì che il sistema ha vinto e la sinistra non è stata capace di incanalare la protesta contro i veri colpevoli o nemici di classe.
Però io sento che la coscienza di classe sta rinascendo, le lotte lo dimostrano. Prima o poi si accorgeranno che se difendono i ricchi nella speranza che li facciano arricchire e che gli risolvano i problemi sono sulla strada sbagliata.
Si accorgeranno che il nemico marcia alla loro testa.
Io sono ottimista lo vedo anche nella ritrovata voglia di Audrey di scrivere di indignarsi.
Prim
Per adesso sono casi isolati, gravissimi ma isolati. Voglio vedere se l'incendio si propaga. Che quei trentamila militari che Maroni ha chiesto...
@Primlug
Niente è immutabile.
Neanche questi nostri tempi tristi.
Ed il fatto che Audrey sia tornata a scrivere, fa ben sperare anche me.
Ciao!
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