Osama said good-bye to VikQuando Audrey, che ringrazio immensamente, mi ha proposto di usufruire dell'ospitalità del suo blog e scrivere qualcosa di mio relativamente alla missione di Vik e del Free Gaza Movement, non ho esitato nemmeno un secondo prima di accettare con entusiasmo.
E' già passato qualche anno, infatti, da quando per una scelta meditata e mai rimpianta, è calato serenamente il sipario sul blog che per molto tempo mi ha rappresentato e, in questo particolare momento del mio vivere, potermi riaffacciare ad una finestra pubblica per condividere con molti di voi il mio pensiero è stato un regalo preziosissimo.
Di questo straordinario progetto, del suo compimento, di come si stia sviluppando giorno dopo giorno attraverso l'impegno di molti, molti più di quanto possiamo immaginare, non vorrei parlare in questa sede, per quanto strano vi possa sembrare.
Non ne voglio parlare perché molti l'hanno fatto e continuano a farlo egregiamente e sono convinta che ognuno di voi, se si trova qui, di fronte a questo schermo, ne ha letto e discusso con interesse e trepidazione e, laddove ancora non l'avesse fatto, sono certa che saprebbe a quali fonti attingere informazioni e dettagli.
Vorrei qui, oltrepassando e dando per scontata la dimensione delle date, dei numeri, delle azioni intraprese e pianificate, riflettere sul significato profondo che quanto accaduto e sta accadendo ha assunto.
Per me.
Per molti di mia diretta conoscenza.
Per moltissimi di mia indiretta, ma pur sempre profonda, conoscenza.
E per molti altri di cui non so, ma di cui posso intuire.
Ho imparato, fin da bambina, a conoscere bene il senso di impotenza e di rassegnazione che si genera dentro di noi di fronte a situazioni palesemente ingiuste, caratterizzate da aberrazioni dell'umanità e dalla perversione di quelli che dovrebbero essere i valori fondamentali a sostegno del vivere comune.
Sentirsi schiacciati da sistemi che si muovono come ingranaggi incomprensibili e potentissimi, vuoi che si tratti del paese in cui siamo nati o dell'angolo più lontano del pianeta.
Sperimentare la rabbia e il dolore di fronte a soprusi compiuti nel nome dei più disparati dèi, senza che faccia alcuna differenza che i relativi altari si trovino in un edificio religioso, in una banca o in un palazzo di governo.
L'indignazione scaturisce in ognuno di noi più o meno intensamente a seconda della nostra natura, della nostra sensibilità, del coraggio ad aprire gli occhi e voler guardare e capire cosa accade al di fuori delle nostre quattro mura domestiche.
In alcuni l'indignazione non scaturisce mai. Ma di costoro la Storia non conserva traccia.
Ho imparato, poi, che quel senso di impotenza seminato dentro le nostre anime può partorire figli molto diversi.
Può diventare un alibi, causa di immobilità e giustificazione all'ignavia.
E può diventare forza e determinazione, caparbietà, spinta al cambiamento, volontà di rischiare e spendersi generosamente nel nome di un credo.
Di tempi oscuri questo pianeta ne ha vissuti, non sono certa di esserci stata, ma sono certa di esserci ora con occhi spalancati sul mondo e anima attenta. E se si tratti di un Medioevo non saprei dire, lo dirà il futuro. Ma certamente quanto ci circonda, nel nostro bel paese come altrove, non è per nulla confortante.
Ed è per questo che, qui ed ora, voglio ringraziare Vik e i suoi compagni di avventura.
Voglio, più di ogni altra cosa, ringraziare Vik per esistere a questo mondo e nel mio mondo.
Ringraziarlo dal profondo del mio cuore, che è il suo, per essere l'uomo che è, per la sua intelligenza lucida, per il suo talento e la sua sensibilità, per il suo cuore mai avido, per lo scambio continuo che mi arricchisce.
Per avermi insegnato cosa siano la coerenza e il coraggio, per avermelo insegnato non solo raggiungendo le coste di Gaza, ma ogni giorno nutrendomi con la bellezza della sua anima, una goccia dopo l'altra, rendendomi una persona migliore.
E voglio ringraziare pubblicamente tutti i partecipanti alla missione per essere diventati esempio, modello, un precedente a cui poter fare riferimento nel futuro a breve e lungo termine.
Perché il 23 agosto non è stato sconfitto solo l'assedio di Gaza, il 23 agosto è stata sconfitta la mafia di ogni paese, è stata riportata la pace in ogni angolo di mondo martoriato da un conflitto armato, è stato nutrito ogni bambino affamato,
curato ogni essere umano finora lasciato ingiustamente morire solo per essere nato nell'emisfero sbagliato del pianeta,è stata ridata dignità agli animali e alla natura,è stata riconsegnata la voce a chi non poteva parlare e la libertà a chi aveva parlato e per questo l'aveva persa.
Si chiama speranza e quando qualcuno ce la restituisce gli saremo debitori, per sempre.
Lascio qui una parte di un brano che da tempo appartiene a Vik, ma che sono certa non sarà dispiaciuto di ritrovare in parte qui, ora che finalmente sta riempiendo i contorni della sua biografia:
"…è questo che in tante vite è andato smarrito:
il senso della propria vocazione,
ovvero che c'è una ragione per cui si è vivi.
NON la ragione per cui vivere;
NON il significato della vita in generale
o la filosofia di un credo religioso.
Ma la sensazione che esiste un motivo per cui la mia persona
che è unica e irripetibile,
è al mondo
e che esistono cose alle quali mi devo dedicare al di là del quotidiano
e che al quotidiano conferiscono la sua ragion d'essere.
La sensazione che il mondo, in qualche modo, vuole che io esista.
La sensazione che ciascuno è responsabile di fronte a un'immagine innata
i cui contorni va riempiendo nella propria biografia." James Hillman - Il codice dell'anima
PS
ringrazio dal profondo del mio cuore Davide Mattiello di Libera, Tonio Dall'Olio di Libera Internazionale, Don Nando Capovilla di Pax Christi, Ettore Acocella di Assopace, Angela Lano di Infopal, Alessia De Luca di Misna, Ali Rashid, Davide Casati del Corriere della Sera e tutti coloro che fin dagli albori di questa avventura mi hanno aiutato ad essere un ponte forte ed efficace per informare a gran voce questo paese spesso dormiente.
Marele